4 Gennaio 1925 - 28 Novembre 1994
Orgiano, 28 novembre 1994. Una notizia corre di bocca in bocca, lasciando attoniti e increduli amici e conoscenti: “E’ morto Arduino!” “Non è possibile — si sente esclamare da più parti — l’ho visto lavorare un’ora fa in Via Fontanelle!”. La notizia purtroppo è vera: Arduino rientrato a casa prima di sera si è sentito male e in pochi minuti è morto stroncato da un infarto.
Aveva passato la giornata con alcuni operai del Comune impegnati a piantare un lungo filare di tigli. Partecipava da volontario: solo la passione per le piante e la gioia di vedere nascere un bel viale alberato l’avevano condotto in zona Fontanelle a erigere sulla banchina stradale un’aiola di sostegno attorno ad ogni albero. Il dolore in paese è generale, sincero, il rimpianto profondo struggente: con lui scompare un personaggio di condizione modesta ma di straordinarie doti, un concentrato di ingegno, operosità, fantasia, versatilità, cuore.
Aveva passato la giornata con alcuni operai del Comune impegnati a piantare un lungo filare di tigli. Partecipava da volontario: solo la passione per le piante e la gioia di vedere nascere un bel viale alberato l’avevano condotto in zona Fontanelle a erigere sulla banchina stradale un’aiola di sostegno attorno ad ogni albero. Il dolore in paese è generale, sincero, il rimpianto profondo struggente: con lui scompare un personaggio di condizione modesta ma di straordinarie doti, un concentrato di ingegno, operosità, fantasia, versatilità, cuore.
Arduino era nato a San Germano dei Berici da Ramiro Faltracco e Maria Caterina Zulian il 4 gennaio 1925 nel breve periodo in cui i genitori con il primogenito Livio nato nel 1922 si erano trasferiti in Val Liona. Due anni dopo tornano a Orgiano dove nel 1928 nasce il terzo figlio, Aldo. La famiglia vive del lavoro di Ramiro, un po’ muratore e un po’ bracciante. Caterina (da tutti chiamata Catina), quando le è possibile, va pure lei “a opera” come bracciante: i tempi sono duri specie per chi non ha un lembo di terra sua. Appena sono un po’ cresciuti, pure i ragazzi cominciano a prestare opera in aziende agricole locali: fanno comodo anche i pochi soldi di saltuarie paghe.
Nel Veneto, regione poverissima a quell’epoca, c’era tra le famiglie indigenti una diffusa consuetudine: mandare i ragazzi di 12-13-14 anni a fare i bovai in regioni più ricche, in casa c’era una bocca in meno da sfamare e un gruzzoletto da guadagnare. Quando ha all’incirca 13 anni, Arduino come altri coetanei del paese si reca in Piemonte in una cascina che lo utilizza come bovaio e bracciante. I padroni sono brava gente e lo trattano come uno di famiglia. Il ragazzo svolge con serietà e impegno il duro lavoro della stalla e dei campi, ma, giovanissimo e lontano dai suoi cari, tra persone che hanno abitudini diverse, che parlano un altro dialetto, soffre di acuta nostalgia. “In una lettera inviata alla mamma — racconta il fratello Aldo, 70 anni — scrive che le vuole tanto bene, la pensa sempre e alla sera piange. Quelle parole hanno commosso tutti e fatto singhiozzare mia madre che, se avesse potuto, sarebbe corsa a riprenderselo”. L’anno dopo Arduino torna nel Veneto e va ad Arzignano in una grossa fattoria. C’è anche lì molto da lavorare (le mansioni sono le stesse), tuttavia è più vicino a casa, sente meno il distacco dai familiari e di tanto in tanto può rivederli. |
Finalmente Arduino riesce a trovare una sistemazione più vicina a casa. La trova proprio ad Orgiano presso Marcello Bressan, un “mistro” che ha in centro un negozio di ferramenta. Quando Arduino entra nel laboratorio della ditta (un locale precario secondo l’uso) si trova nel suo elemento, ha modo di liberare le sue potenzialità, di sviluppare le sue doti: manualità, intelligenza, senso pratico, inventiva. E’ proprio durante i quattro anni di permanenza nella “bottega” Bressan che egli acquisisce un grande, multiforme bagaglio di conoscenze e di abilità manuali che gli sarà prezioso nella vita. Là viene a contatto con apparecchiature, congegni che stimolano la sua curiosità, affinano il suo intuito, offrono l’occasione per osservare il funzionamento d’una macchina, carpirne i segreti, scoprire un guasto e porvi rimedio.
L’occupazione tedesca
Durante l’occupazione tedesca viene reclutato con altre centinaia di persone dalla TODT, organizzazione militare parallela alla Wehrmacht creata per realizzare, con l'impiego di manodopera civile, fortificazioni militari. Arduino è costretto a partecipare sulle colline del paese ai lavori di scavo di trincee, postazioni, fosse anticarro (grazie a Dio mai usate, rese inutili dalla rotta dell’esercito tedesco nel 1945). Un giorno, un milite fascista (un tipaccio nerboruto e violento) di stanza a Orgiano con altri compagni della Brigata Ettore Muti, non riesce a mettere in moto un automezzo e con sprezzante arroganza gli ordina di spingere la macchina per accendere il motore. Arduino che è tipo calmo, controllato e pacifico, ma anche fiero e coraggioso, di fronte alle prepotenze, risponde: “Se me lo chiede come un favore l’aiuto, se no s’arrangi!”. Rimessa in moto la macchina, il milite gli si presenta davanti con altri compari: l’afferrano e lo rinchiudono in un locale del municipio. Là dentro viene picchiato: “Sospettava che fossi un partigiano, tentava con ogni mezzo di farmi confessare cose a cui ero estraneo — mi racconterà anni più tardi Arduino — finché ad un certo punto mi sferrò un terribile pugno al torace staccandomi un largo lembo di pelle”. Fortunatamente la cattura del giovane non passa inosservata, qualcuno avverte il capitano della TODT che ha Arduino alle sue dipendenze e ne apprezza comportamento e capacità. L’ufficiale si precipita in municipio, strapazza quel branco di fanatici, toglie Arduino dalle loro grinfie e intima a tutti di non toccarlo. Ed infatti nessuno gli torcerà più un capello. Alla mia domanda: “Com’è finito quel tizio?” “Non lo so — risponde senza rancore — ma non lo odio, erano tempi di follia”.
Il lavoro da camionista
Finita la guerra e ottenuta la patente di guida lascia l’attività di garzone e trova un posto di camionista a Colloredo e un paio d’anni dopo passa alle dipendenze della Ditta Giulio Piovan, proprietario ad Orgiano di una fornace di calce idrata. Arduino tra i camionisti della ditta si distingue per la conoscenza approfondita delle macchine e per la capacità di trarsi d’impaccio in ogni circostanza. Nel dopoguerra circolano autocarri che oggi ci appaiono antidiluviani, ridotti a causa delle restrizioni belliche e della vetustà in condizioni di sicurezza e di efficienza molto precarie. Farli viaggiare su strade ripristinate in qualche modo dopo le distruzioni belliche, inviarli in località lontane e disagiate come il Trentino e I ’Alto Adige è un’avventura pericolosa (un suo amico e collega di lavoro di Arduino, Attilio Contin, il 16 maggio 1961 ci lascia la vita). Il camion di Arduino però arriva sempre malgrado le magagne e le avarie, tenuto insieme, se non c’è di
meglio, da corde e filo di ferro.
Questa vita difficile e logorante ha su di lui, per quanto forte e solido, delle serie conseguenze. Verso la fine del 1961 una forma di tubercolosi renale lo costringe a sospendere l’attività. Viene ricoverato nel sanatorio di Malamocco, sul litorale Veneziano, e vi rimane per oltre tre anni durante i quali subisce anche la parziale asportazione di un rene. Però guarisce perfettamente e può rientrare nei primi mesi del 1965 in seno alla famiglia che in sua assenza ha attraversato momenti di angoscia e di difficoltà economiche.
meglio, da corde e filo di ferro.
Questa vita difficile e logorante ha su di lui, per quanto forte e solido, delle serie conseguenze. Verso la fine del 1961 una forma di tubercolosi renale lo costringe a sospendere l’attività. Viene ricoverato nel sanatorio di Malamocco, sul litorale Veneziano, e vi rimane per oltre tre anni durante i quali subisce anche la parziale asportazione di un rene. Però guarisce perfettamente e può rientrare nei primi mesi del 1965 in seno alla famiglia che in sua assenza ha attraversato momenti di angoscia e di difficoltà economiche.
Una nuova vita
Nell’aprile dello stesso anno si presenta una buona occasione: il Comune ha bisogno di un dipendente con mansioni varie: bidello della scuola elementare, incaricato delle pulizie del municipio, addetto al servizio cimiteriale.
Arduino si presenta e viene assunto. Felice di una sistemazione sicura all’indomani del suo ritorno, dà subito prova delle sue eccellenti qualità. Oltre al servizio dovuto, che presta con grande diligenza, egli offre spontaneamente prestazioni non strettamente richieste dal mansionario, ma per l’intima soddisfazione di vedere ordine, regolarità ed efficienza negli ambienti a lui affidati. Non c’è cosa che non sappia fare. Quando c’è lui è rarissimo restare al buio, trovare locali freddi, rubinetti che perdono, servizi igienici che non funzionano. Nella scuola un banco schiodato, uno schienale rotto, una lavagna bloccata trovano in lui un paziente e pronto riordinatore.
Ma è in particolare al cimitero che si nota la sua mano, il suo stile, lo cura con un amore e una scrupolosità ammirevoli. Su ogni fossa pianta un bel cespo di fiori che con le loro macchie di colore per vari mesi fanno del cimitero un giardino. Un giorno mi capita d’incontrarvi una coppia di paesani emigrati a Torino e saliti al cimitero per una visita ai loro morti.
Come mi vedono: “Complimenti, sindaco, questo camposanto è un giardino!”. “I complimenti — rispondo additando Arduino e sua madre — li dovete fare a quelle due persone, questo incanto è opera delle loro mani”.
Arduino si presenta e viene assunto. Felice di una sistemazione sicura all’indomani del suo ritorno, dà subito prova delle sue eccellenti qualità. Oltre al servizio dovuto, che presta con grande diligenza, egli offre spontaneamente prestazioni non strettamente richieste dal mansionario, ma per l’intima soddisfazione di vedere ordine, regolarità ed efficienza negli ambienti a lui affidati. Non c’è cosa che non sappia fare. Quando c’è lui è rarissimo restare al buio, trovare locali freddi, rubinetti che perdono, servizi igienici che non funzionano. Nella scuola un banco schiodato, uno schienale rotto, una lavagna bloccata trovano in lui un paziente e pronto riordinatore.
Ma è in particolare al cimitero che si nota la sua mano, il suo stile, lo cura con un amore e una scrupolosità ammirevoli. Su ogni fossa pianta un bel cespo di fiori che con le loro macchie di colore per vari mesi fanno del cimitero un giardino. Un giorno mi capita d’incontrarvi una coppia di paesani emigrati a Torino e saliti al cimitero per una visita ai loro morti.
Come mi vedono: “Complimenti, sindaco, questo camposanto è un giardino!”. “I complimenti — rispondo additando Arduino e sua madre — li dovete fare a quelle due persone, questo incanto è opera delle loro mani”.
L'orologio della torretta della scuola
Sulla torretta delle scuole di Orgiano è installato un grande orologio meccanico che è fermo da qualche anno ed il Comune che vuole riattivarlo si rivolge a ditte specializzate, ma queste fatto un sopralluogo, rinunciano ad una riparazione complessa e dal risultato incerto. Arduino viene a saperlo, sale in torretta, osserva le apparecchiature sporche e arrugginite e dopo qualche giorno viene a dire: “Sindaco, i meccanismi sono ancora utilizzabili, io saprei come rimettere l’orologio in funzione”. Arduino si mette d’impegno, nelle ore libere dal lavoro, ripulisce il locale, chiude con vetri la torretta invasa da uccelli, smonta i meccanismi, li controlla, sostituisce qualche pezzo logoro o rotto con altro identico rifatto al tornio o con la lima, rimonta il tutto ed alla fine mette in moto l’orologio. “Funziona perfettamente — dice soddisfatto — però resta il problema della ricarica. E’ un’operazione scomoda e noiosa: ogni giorno bisogna salire in torretta e alzare con la carrucola i pesantissimi “pendoli” (veri macigni di cemento) che lo fanno muovere. Io avrei trovato il modo di automatizzare la ricarica. Per risparmiare ho pensato di recuperare delle vecchie elettropompe giacenti da tempo in magazzino, inutilizzate: sono ancora funzionanti, devo solo fare degli adattamenti”. Arduino realizza un inedito, originale sistema di ricarica automatica e mi chiama a vederlo. L’orologio si mette in moto: “Va molto bene ed è in grado di battere le ore e le mezze ore — dice Arduino raggiante - se vuole gli facciamo battere anche i quarti”. |
Il barometro per i ragazzi
Un giorno, a scuola, si trova fuori uso un barometro che serve per le quotidiane registrazioni della pressione atmosferica su un grafico. “Niente paura — dice lui tranquillo di fronte all’imbarazzo degli insegnanti — al barometro ci penso io”. La proposta lascia un tantino increduli, ma il giorno dopo nell’atrio della scuola ecco la sorpresa. Addossato al muro c’è un bidone di plastica chiuso sopra ermeticamente da una pellicola di nylon. Sopra il bidone, rasente al muro, si alza una lunga asta lanceolata di polistirolo raccordata non so in che modo alla membrana di nylon. Al muro su una linea semicircolare sono poste tre lettere in polistirolo (B-N-A) intervallate da rettangolini a precise distanze. L’asta è ferma tra N (pressione normale) e B (bassa pressione) perché il tempo sta cambiando, la pressione atmosferica è in diminuzione e la pellicola di nylon presenta un visibile rigonfiamento. Arduino spiega con parole semplici il fenomeno e rimanda l’osservazione all’indomani. I ragazzi osservano e comprendono perfettamente il fenomeno: la dimostrazione di Arduino è valsa più di una lezione dell’insegnante e della lettura d’un barometro metallico. Arduino non ha seguito corsi superiori, ma ha talento e voglia di sapere e dal lavoro, dalla vita ha imparato cose che nessuna scuola è in grado di insegnare. E’ un attento osservatore, possiede una mente duttile e la rara virtù di passare rapidamente dal pensiero all’azione. Chiamato talvolta a illustrare aspetti della natura che egli conosce perfettamente sa farlo con un’eloquenza e una partecipazione che affascina i ragazzi. |
Difficoltà e dolore
La vita di Arduino purtroppo è disseminata di spine. Nel 1975 muore la moglie Rita Colpo dalla quale ha avuto tre figli: Franca (1951), Luciano (1956), Elena (1965). Poi arriva il fatale 17 novembre 1979 quando in un tragico incidente stradale muoiono Franca e Luciano, due ragazzi stupendi di cui andava fiero. Quando, ricevuta la terribile notizia, corro all’ospedale di Montecchio dove sono composte le salme straziate dei due fratelli, Arduino mi appare come la personificazione del dolore, un dolore raccolto ma struggente, abissale. La sciagura provoca in lui una inguaribile lacerazione che spegne il suo radioso, aperto sorriso e lascia nel suo sguardo un perenne velo di tristezza. La presenza in casa della madre e della figlia Elena, la sincera partecipazione e simpatia della gente lo aiutano a ritrovare la forza di vivere. Resta in servizio nel Comune senza nulla perdere della sua disponibilità ed efficienza.
La pensione
Nel 1986 va in pensione e coltiva gli hobbies che da dipendente doveva di molto comprimere:
- il contatto con la natura che ama e rispetta religiosamente, che cura con certosina pazienza e difende senza risparmio (finché c’è lui, instancabile e vigile volontario, i pini neri liberati con puntuale tempestività dalla processionaria svettano maestosi e sani sulle colline);
- il libero sfogo delle sue doti creative (artigianali e artistiche) veramente singolari che il Prof. Graziano Rezzadore, già sindaco di Orgiano, così descrive in uno splendido articolo apparso sulla rivista “Il Basso Vicentino”:
- il contatto con la natura che ama e rispetta religiosamente, che cura con certosina pazienza e difende senza risparmio (finché c’è lui, instancabile e vigile volontario, i pini neri liberati con puntuale tempestività dalla processionaria svettano maestosi e sani sulle colline);
- il libero sfogo delle sue doti creative (artigianali e artistiche) veramente singolari che il Prof. Graziano Rezzadore, già sindaco di Orgiano, così descrive in uno splendido articolo apparso sulla rivista “Il Basso Vicentino”:
Entrando nel suo laboratorio, sembra di tornare indietro di trent’anni. La stanza, che un tempo doveva essere una cucina, non è molto diversa da quella in cui lavorò Geppetto. Ed è qui che i pezzi di legno sottratti al fuoco o alla macerazione diventano oggetti d’arte levigati da mani pazienti, forme lucenti create dall’estro e dalla fantasia. Arduino Faltracco non ha l’ambizione di estrarre Pinocchi da quei tronchi stagionati, ma possiede la straordinaria abilità di trasformare col tornio la materia inerte ed estinta in creazioni vive pur nella loro staticità. La luminosità dell’oggetto, le movimentate venature, i riflessi vitrei del legno sono elementi armonici dove la luce crea effetti sfuggenti in un gioco di ombre e di vuoti che stabiliscono la dimensione e i contorni. Il ciliegio, il pero, l’olmo, il platano, perdono la loro materialità e vivono nei vasi, nelle anfore, nei piatti la loro metamorfosi artistica. Arduino lavora con l’amore e la fantasia dell’artigiano; anche il tornio è frutto di un suo brevetto ed ha utilizzato motorini di lavatrice per darne l’impulso rotatorio, dotandolo di accorgimenti un po’ rudimentali ma efficaci per modificare velocità e potenza. La sua bottega ingombra di legni, arnesi vari, vernici, trucioli è uno di quegli ambienti che sembrano parlare di magia.
Il giusto riconoscimento
Al termine del suo servizio ad Arduino viene conferita dal Comune di Orgiano la medaglia d’oro a riconoscimento dei suoi grandi meriti di lavoratore e cittadino.
Le sue idee sul mondo della natura, la passione che ha cercato di trasmettere a tanti ragazzi e adulti rimangono nella coscienza dei molti che le hanno recepite e condivise.
Di lui, del suo modello di vita, rimane in tutti, amministratori, insegnanti, amici, comunità un ricordo vivo, una gratitudine sentita, un insegnamento da seguire e diffondere.
Le sue idee sul mondo della natura, la passione che ha cercato di trasmettere a tanti ragazzi e adulti rimangono nella coscienza dei molti che le hanno recepite e condivise.
Di lui, del suo modello di vita, rimane in tutti, amministratori, insegnanti, amici, comunità un ricordo vivo, una gratitudine sentita, un insegnamento da seguire e diffondere.