5 Gennaio 1898 - 13 Novembre 1992
Avesa di fine 1800 è un ridente paese adagiato sulle prime pendici collinari alle porte di Verona (allora comune autonomo, oggi assorbito dal comune di Verona).
Tra i lavandai di Via Idendro (oggi V. Premuda sotto la quale passa il fiume Lori) c'è anche una giovanissima coppia: Angelo Gottardi e Vittoria Turrini. La loro unione è presto allietata dalla nascita di Rosa (1892) e di Giacomo (1893) ma il bimbo muore dopo tre mesi. Hel 1895 nasce Gaetana e nel 1898 il nostro Giacomo che prende il nome del fratellino morto. Ma la sventura s’accanisce contro questa povera famiglia: nel 1897 muore Rosa, agli inizi del 1899 muore Gaetana. Un paio di mesi dopo Giacomo è colpito dalla scarlattina seguita da una grave infezione agli occhi e rimane cieco.
Nel 1901 muore anche papà Angelo profondamente segnato da tante disgrazie e Vittoria resta sola a reggere il peso del lavoro e della educazione del bambino.
Giacomo, nonostante tutto e sano e cresce robusto e sveglio. Ma la sua vivacità è fonte di preoccupazione per la madre, specie dopo due cadute del bimbo nel Lorì e il duplice salvataggio in extremis. La donna trova in Don Antonio Covi, parroco di Avesa, un provvidenziale aiuto. L’interessamento del sacerdote rende possibile la sistemazione del bambino presso l’Istituto Configliacchi di Padova, una scuola convitto per ragazzi ciechi.
Tra i lavandai di Via Idendro (oggi V. Premuda sotto la quale passa il fiume Lori) c'è anche una giovanissima coppia: Angelo Gottardi e Vittoria Turrini. La loro unione è presto allietata dalla nascita di Rosa (1892) e di Giacomo (1893) ma il bimbo muore dopo tre mesi. Hel 1895 nasce Gaetana e nel 1898 il nostro Giacomo che prende il nome del fratellino morto. Ma la sventura s’accanisce contro questa povera famiglia: nel 1897 muore Rosa, agli inizi del 1899 muore Gaetana. Un paio di mesi dopo Giacomo è colpito dalla scarlattina seguita da una grave infezione agli occhi e rimane cieco.
Nel 1901 muore anche papà Angelo profondamente segnato da tante disgrazie e Vittoria resta sola a reggere il peso del lavoro e della educazione del bambino.
Giacomo, nonostante tutto e sano e cresce robusto e sveglio. Ma la sua vivacità è fonte di preoccupazione per la madre, specie dopo due cadute del bimbo nel Lorì e il duplice salvataggio in extremis. La donna trova in Don Antonio Covi, parroco di Avesa, un provvidenziale aiuto. L’interessamento del sacerdote rende possibile la sistemazione del bambino presso l’Istituto Configliacchi di Padova, una scuola convitto per ragazzi ciechi.
A Padova
Anche se non ha ancora compiuto i sei anni di età prescritti, il 7 dicembre 1903 Giacomo entra Nell’istituto. Nel nuovo ambiente retto con disciplina, ma anche con benevolenza, si fa molti amici e impara a controllare la sua vivacità. Frequenta la scuola con profitto e rivela spiccata attitudine e passione per la musica. Segue con impegno i corsi di educazione musicale e a 14 anni con ottima votazione consegue il diploma di maestro. L’irrequieto bambino di un tempo è ora — come attestano i
documenti dell’istituto — un allievo di notevoli capacita intellettive e dal comportamento lodevole. Ciò gli vale, nonostante l’età, l’incarico di insegnante di materie letterarie nelle prime classi dell’Istituto e di ripetitore musicale nei primi tre corsi.
La permanenza in convitto però non interrompe i contatti con la madre alla quale è affezionatissimo. Nei periodi di vacanza torna a casa e passa l’estate con lei.
Ma le mura dell’istituto gli stanno un po’ strette: la sua aspirazione è di operare in un ambiente di maggiore respiro in mezzo alla gente, alla vita. Quando a 15 anni riceve l’incarico di organista provvisorio nella prestigiosa Basilica di San Giustina in Padova (incarico che gli frutta un encomio scritto) sente che le sue aspettative cominciano a realizzarsi. Ed infatti sta per aprirsi davanti a lui un orizzonte che sarà quello della sua vita.
documenti dell’istituto — un allievo di notevoli capacita intellettive e dal comportamento lodevole. Ciò gli vale, nonostante l’età, l’incarico di insegnante di materie letterarie nelle prime classi dell’Istituto e di ripetitore musicale nei primi tre corsi.
La permanenza in convitto però non interrompe i contatti con la madre alla quale è affezionatissimo. Nei periodi di vacanza torna a casa e passa l’estate con lei.
Ma le mura dell’istituto gli stanno un po’ strette: la sua aspirazione è di operare in un ambiente di maggiore respiro in mezzo alla gente, alla vita. Quando a 15 anni riceve l’incarico di organista provvisorio nella prestigiosa Basilica di San Giustina in Padova (incarico che gli frutta un encomio scritto) sente che le sue aspettative cominciano a realizzarsi. Ed infatti sta per aprirsi davanti a lui un orizzonte che sarà quello della sua vita.
Ad Orgiano
Don Luigi Casarotto, parroco di Orgiano, è alla ricerca di un organista e nel novembre del 1913 si reca al Configliacchi nella speranza di ottenerlo. Li incontra il giovane Giacomo, ne intuisce le qualità e lo richiede. Il direttore un po‘ esita perché il ragazzo non ha ancora 16 anni ed è prezioso anche per le attività dell’istituto, poi cede alle insistenze di D. Casarotto.
Il ragazzo si trasferisce cosi ad Orgiano e viene alloggiato secondo contratto nella canonica. L’arrivo del giovane dall’atteggiamento aperto e cordiale suscita subito simpatia fra la gente. Una ventata di buona musica entra con lui nella chiesa dove si alza robusta e armoniosa la sua voce baritonale e dall’organo sgorgano fresche le note al tocco delle sue mani già esperte. Giacomo si dà subito da fare e con qiovanile intraprendenza dà inizio all'istruzione musicale e creativa dei giovani più attivi. Ma nel 1915 scoppia la grande guerra, i ragazzi partono per il fronte e le promettenti iniziative segnano il passo. C’è in tutti paura e angoscia e di tanto in tanto arriva dal fronte la dolorosa notizia che una giovane vita si è spenta. Il paese torna gradualmente alla normalità dopo l’armistizio del 4 novembre 1918. L'anno successivo riprende in pieno anche l’attività della parrocchia. Sotto la guida del Maestro Gottardi si vanno rinnovando i canti religiosi, rinasce la Schola Cantorum, nella chiesa gremita il coro offre perfette esecuzioni. Raggiunta la maggiore età nel 1920 Giacomo affitta un alloggio in Via IV Novembre e lascia la canonica. Mamma Vittoria raggiunge il figlio e rimane ad accudirlo fino al 1924, anno del suo matrimonio, quando sensibile e discreta torna nella sua casa di Avesa, vicina ai numerosi parenti. |
Il decennio aureo
Gli anni ‘20 sono nella vita del Maestro un periodo particolarmente felice e creativo. Avvalendosi della sua abilità nel suonare vari strumenti, si presta ad insegnare musica a numerosi giovani che trovano in lui un validissimo, multiforme docente e un amico gioviale e socievole. Infatti il Maestro ama la compagnia e non disdegna qualche sosta in osteria a contatto con la gente e lieti incontri conviviali.
Oltre aII’Arciprete in canonica vive anche D. Serafino Pavan, un cappellano con estro poetico che scrive versi, canti religiosi e canzoncine allegre e Giacomo Ie mette in musica con vena fresca e melodiosa.
Il Maestro si diletta anche a comporre brani di musica leggera e canti popolari per gli amici e gli allievi e quando viene avanzata l’idea di creare una compagnia filodrammatica, egli ne è uno degli animatori più attivi. Con giovanile entusiasmo vengono messi in scena lavori in genere gioiosi e ricreativi e qualche dramma serio. Tra un atto e l’altro belle voci soliste eseguono pezzi d’opera o canzoni e al pianoforte Giacomo mostra la sua valentia di pianista suonando celebri brani d’autore applauditissimi.
C'è ad Orgiano anche un complesso bandistico che langue e rischia di sciogliersi per mancanza d'un direttore. Il Maestro Gottardi, unanimamente indicato come la persona più adatta a rilanciarlo, non fa mancare ancora una volta la sua disponibilità. Ma c'è un ostacolo: non ha il diploma di clarino indispensabile per ottenere la direzione della banda. Il giovane s’impegna a fondo nello studio e in breve tempo consegue brillantemente il diploma. Prende in carico una banda in disarmo e ne fa via via un complesso vitale e d’ottimo livello molto ricercato in provincia e oltre. Tra i vecchi c'è chi ricorda un applaudito concerto della banda che aveva in cartellone esclusivamente musiche di Giacomo Gottardi.
Oltre aII’Arciprete in canonica vive anche D. Serafino Pavan, un cappellano con estro poetico che scrive versi, canti religiosi e canzoncine allegre e Giacomo Ie mette in musica con vena fresca e melodiosa.
Il Maestro si diletta anche a comporre brani di musica leggera e canti popolari per gli amici e gli allievi e quando viene avanzata l’idea di creare una compagnia filodrammatica, egli ne è uno degli animatori più attivi. Con giovanile entusiasmo vengono messi in scena lavori in genere gioiosi e ricreativi e qualche dramma serio. Tra un atto e l’altro belle voci soliste eseguono pezzi d’opera o canzoni e al pianoforte Giacomo mostra la sua valentia di pianista suonando celebri brani d’autore applauditissimi.
C'è ad Orgiano anche un complesso bandistico che langue e rischia di sciogliersi per mancanza d'un direttore. Il Maestro Gottardi, unanimamente indicato come la persona più adatta a rilanciarlo, non fa mancare ancora una volta la sua disponibilità. Ma c'è un ostacolo: non ha il diploma di clarino indispensabile per ottenere la direzione della banda. Il giovane s’impegna a fondo nello studio e in breve tempo consegue brillantemente il diploma. Prende in carico una banda in disarmo e ne fa via via un complesso vitale e d’ottimo livello molto ricercato in provincia e oltre. Tra i vecchi c'è chi ricorda un applaudito concerto della banda che aveva in cartellone esclusivamente musiche di Giacomo Gottardi.
L'Associazione San Cecilia di Vicenza
L’attività del Maestro dal 1923 acquista più ampio respiro e grande importanza nella diocesi vicentina. A Vicenza opera l’Associazione Ital. Santa Cecilia (AISC) guidata dal dinamico Mons. Ernesto Dalla Libera, musicista, insegnante di musica e canto.
Per la zona sud della diocesi Mons. Dalla Libera, sagace organizzatore, individua nel giovane Gottardi che già conosce e stima, la persona adatta al raggiungimento dei suoi obbiettivi. Giacomo accetta l’incarico di preparatore degli organisti in un territorio che va da S. Bonifacio a Cologna Veneta, da Lonigo a Noventa a Sossano. E per lunghi anni svolge il suo compito con grande professionalità e non senza sacrificio personale dovendo raggiungere in tandem con il suo accompagnatore le varie sedi.
Scrive di lui nel 1975 Mons. Ernesto Dalla Libera: “La Scuola Ceciliana del Maestro Giacomo Gottardi si distinse subito. Non accenno qui alla Scuola Cantorum parrocchiale e ai servizi organistici, sempre apprezzati dalla comunità, ma già che ci siamo, dirò che nessuno lo uguagliò nell’amore sacro per il culto divino che lo spinse a imparare a memoria, con sicurezza, il racconto evangelico della Passione (in Iatino) per poterlo cantare, lui non vedente, con la sua robusta e musicalissima voce, nella chiesa del suo paese.
Agli esami ammiravo la sua infìnita pazienza e l’infallibile memoria che riteneva decine di esercizi, anche aridi e di carattere meccanico, nonchè la completezza dell’educatore che riusciva a seguire i suoi allievi nel posto di lavoro creando un inscindibile rapporto di amicizia”.
Per la zona sud della diocesi Mons. Dalla Libera, sagace organizzatore, individua nel giovane Gottardi che già conosce e stima, la persona adatta al raggiungimento dei suoi obbiettivi. Giacomo accetta l’incarico di preparatore degli organisti in un territorio che va da S. Bonifacio a Cologna Veneta, da Lonigo a Noventa a Sossano. E per lunghi anni svolge il suo compito con grande professionalità e non senza sacrificio personale dovendo raggiungere in tandem con il suo accompagnatore le varie sedi.
Scrive di lui nel 1975 Mons. Ernesto Dalla Libera: “La Scuola Ceciliana del Maestro Giacomo Gottardi si distinse subito. Non accenno qui alla Scuola Cantorum parrocchiale e ai servizi organistici, sempre apprezzati dalla comunità, ma già che ci siamo, dirò che nessuno lo uguagliò nell’amore sacro per il culto divino che lo spinse a imparare a memoria, con sicurezza, il racconto evangelico della Passione (in Iatino) per poterlo cantare, lui non vedente, con la sua robusta e musicalissima voce, nella chiesa del suo paese.
Agli esami ammiravo la sua infìnita pazienza e l’infallibile memoria che riteneva decine di esercizi, anche aridi e di carattere meccanico, nonchè la completezza dell’educatore che riusciva a seguire i suoi allievi nel posto di lavoro creando un inscindibile rapporto di amicizia”.
La Famiglia
Le molteplici e impegnative attività non gli impediscono di coltivare la sua vita privata. è un giovane aitante e spigliato, piace alle ragazze e più di una spera di conquistarlo. Ma il suo cuore batte per Maddalena Mettifogo (chiamata affettuosamente Neni) una graziosa sartina di Via Borgomale ed è con lei che si sposa il 15 marzo 1924. Abitano in Via IV Novembre di fronte alla gradinata che sale alla chiesa. è raro che chi passi davanti alla casa non senta il Maestro suonare al pianoforte non colga le note più o meno felici di qualche allievo ai primi approcci con uno strumento. Il generoso prodigarsi di Giacomo però non frutta molto, il suo in larga parte è lavoro di volontariato: fonte di soddisfazioni grandi ma soprattutto morali. Ciò che guadagna come istruttore nei vicariati e come organista della parrocchia non basta per il mantenimento della famiglia che cresce.
Nel 1926 nasce Mario, nel 1929 Mirco e nel 1941 Angelo. Qualche introito gli viene dalle lezioni private di musica, ma gli allievi provengono per lo più da famiglie umili: contadini-braccianti, piccoli artigiani ai quali chiede poche lire o accetta modesti compensi in natura. Fortunatamente c'è Maddalena, moglie devota e paziente, colonna attiva e coraggiosa che col suo lavoro di sarta da consistenza alla voce entrate del bilancio famigliare. Ed è su di Iei, madre amorosa ma ferma, che ricade principalmente l’onere di allevare i figli. Al fianco di Giacomo, che chiamerà sempre teneramente Maestro, rimane riservata e premurosa fino al 1970. La sua morte lascia un gran vuoto in Giacomo e nei figli (oggi tutti sposati, padri e nonni).
L’aveva preceduta nel 1955 Vittoria, la madre ormai ottantenne. Giacomo e la sua famiglia si erano tenuti in stretto contatto con lei. Il figlio era solito fermarsi ad Avesa qualche giorno quando andava all’ Arena a “vedere” un’opera e non mancava mai all’appuntamento quando almeno una volta all’anno; l’intero parentado dei Gottardi si ritrovava in un grande incontro conviviale a mangiare “polenta e osei’.
Il Maestro passa il resto della vita svolgendo la consueta attività di organista, l'insegnante di musica, di supporter insostituibile in recite, saggi, accademie, celebrazioni organizzate dalle scuole materne, elementari, medie. Con lui il fiqlio minore Angelo che racconta come, malgrado la cecità, si muovesse con estrema sicurezza e disinvoltura “come se vedesse, allungando una mano trovava tutto senza far cadere nulla. A tavola si comportava come un vedente e non c’era pericolo che ci fosse una macchia sui suoi vestiti”. (I due due maggiori hanno casa e famiglia a Torino) . Lo spirito di servizio e la salute eccellente qli consentono di restare al suo posto fino al 1988.
Nel 1926 nasce Mario, nel 1929 Mirco e nel 1941 Angelo. Qualche introito gli viene dalle lezioni private di musica, ma gli allievi provengono per lo più da famiglie umili: contadini-braccianti, piccoli artigiani ai quali chiede poche lire o accetta modesti compensi in natura. Fortunatamente c'è Maddalena, moglie devota e paziente, colonna attiva e coraggiosa che col suo lavoro di sarta da consistenza alla voce entrate del bilancio famigliare. Ed è su di Iei, madre amorosa ma ferma, che ricade principalmente l’onere di allevare i figli. Al fianco di Giacomo, che chiamerà sempre teneramente Maestro, rimane riservata e premurosa fino al 1970. La sua morte lascia un gran vuoto in Giacomo e nei figli (oggi tutti sposati, padri e nonni).
L’aveva preceduta nel 1955 Vittoria, la madre ormai ottantenne. Giacomo e la sua famiglia si erano tenuti in stretto contatto con lei. Il figlio era solito fermarsi ad Avesa qualche giorno quando andava all’ Arena a “vedere” un’opera e non mancava mai all’appuntamento quando almeno una volta all’anno; l’intero parentado dei Gottardi si ritrovava in un grande incontro conviviale a mangiare “polenta e osei’.
Il Maestro passa il resto della vita svolgendo la consueta attività di organista, l'insegnante di musica, di supporter insostituibile in recite, saggi, accademie, celebrazioni organizzate dalle scuole materne, elementari, medie. Con lui il fiqlio minore Angelo che racconta come, malgrado la cecità, si muovesse con estrema sicurezza e disinvoltura “come se vedesse, allungando una mano trovava tutto senza far cadere nulla. A tavola si comportava come un vedente e non c’era pericolo che ci fosse una macchia sui suoi vestiti”. (I due due maggiori hanno casa e famiglia a Torino) . Lo spirito di servizio e la salute eccellente qli consentono di restare al suo posto fino al 1988.
Riconoscimenti
Significativi riconoscimenti dell’opera da lui svolta sono la nomina a Cavaliere di S. Silvestro Papa nel 1963, il conferimento della Croce Pro Ecclesia et Pontefice nel 1975, il conferimento della medaglia d’oro quale benemerito del Comune di Orgiano nel 1984.
Ma più che le onorificenze, certo gradite, che gli vengono dalle autorità, gli riempiono i cuore di soddisfazione le parole e gli scritti che arrivano dalla schiera di allievi (centinaia) che egli ha preparato con molta pazienza ma anche con esigente precisione. Dagli affermali pianisti come Gregorio Vedovato e Nora Motta Pontedera ai più modesti dilettanti di musica, tutti esprimono gratitudine e affetto per l’uomo in cui oltre all’eccellente insegnamento avevano trovato calore, gentilezza, semplicità.
Conversando con lui era normale sentirlo dire “Ci vediamo domani” oppure “Hai visto com’è riuscita bene la serata?” L’udito poi era qualcosa di straordinario.
Scrive dunque la Sig.ra Nora Pontedera in calce ad una lettera del marito Lino Motta indirizzata al Maestro nell’aprile 1949: “Ho voluto unirmi a mio marito nell’inviarle anche i miei saluti e dirle che più spesso di quanto possa immaginarsi, la nominiamo ricordando vari aneddoti della nostra infanzia! Anni purtroppo ormai troppo lontani!! Mai dimenticherò quella volta che in paese c’incontrammo e colà, incredibile, Lino non mi vide mentre lei mi senti ed esclamò: “Ma passa la signorina Pontedera ” e mi salutò forte. Ho dato tanti concerti e se mi crede per concatenazione di idee e di ricordi fin dai primi pensavo: "Come avrei piacere che mi sentisse il M. Gottardi!”. Anche dopo sposata lo dicevo con Lino ricordando come ancora da bambina, pur suonando ad orecchio da dilettante, Lei mi pronosticò che sarei riuscita a diventare una vera pianista, se avessi studiato. Spero perciò gradirà queste mie espressioni con i migliori auguri e saluti. Nora."
Ma più che le onorificenze, certo gradite, che gli vengono dalle autorità, gli riempiono i cuore di soddisfazione le parole e gli scritti che arrivano dalla schiera di allievi (centinaia) che egli ha preparato con molta pazienza ma anche con esigente precisione. Dagli affermali pianisti come Gregorio Vedovato e Nora Motta Pontedera ai più modesti dilettanti di musica, tutti esprimono gratitudine e affetto per l’uomo in cui oltre all’eccellente insegnamento avevano trovato calore, gentilezza, semplicità.
Conversando con lui era normale sentirlo dire “Ci vediamo domani” oppure “Hai visto com’è riuscita bene la serata?” L’udito poi era qualcosa di straordinario.
Scrive dunque la Sig.ra Nora Pontedera in calce ad una lettera del marito Lino Motta indirizzata al Maestro nell’aprile 1949: “Ho voluto unirmi a mio marito nell’inviarle anche i miei saluti e dirle che più spesso di quanto possa immaginarsi, la nominiamo ricordando vari aneddoti della nostra infanzia! Anni purtroppo ormai troppo lontani!! Mai dimenticherò quella volta che in paese c’incontrammo e colà, incredibile, Lino non mi vide mentre lei mi senti ed esclamò: “Ma passa la signorina Pontedera ” e mi salutò forte. Ho dato tanti concerti e se mi crede per concatenazione di idee e di ricordi fin dai primi pensavo: "Come avrei piacere che mi sentisse il M. Gottardi!”. Anche dopo sposata lo dicevo con Lino ricordando come ancora da bambina, pur suonando ad orecchio da dilettante, Lei mi pronosticò che sarei riuscita a diventare una vera pianista, se avessi studiato. Spero perciò gradirà queste mie espressioni con i migliori auguri e saluti. Nora."
Il musicista |
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Il M°Gottardi non è soltanto un ottimo interprete di musica altrui, ma si dedica anche alla composizione, dotato com’è di estro, fantasia e profonda conoscenza dell’armonia. All’inizio si tratta di brevi canti religiosi, di arie profane, di motivi d’occasione, poi di composizioni più impegnative, preghiere, canzoni, inni, messe, brani liturgici.
Il figlio Angelo conserva numerosi spartiti del padre e lettere di ringraziamento e di elogio inviate da prelati, parroci, missionari, suore, musicisti al cui invito il Maestro aveva risposto con un Ave Maria, musicando un inno, componendo una messa. Cosi gli scrive il 19 marzo 1957 Mons. Antonio Mistrorigo, allora Vescovo di Troia (Foggia), dopo aver ricevuto copia della Messa “Regina Pacis”: “Carissimo e ill.mo Sig. Maestro, approfitto dell’occasione per rinnovarLe i sentimenti della mia gratitudine per l’omaggio così caro e prezioso. La ricordo sempre con tanto affetto e l’ammiro per il suo apostolato cecigliano. Le porgo i più cordiali auguri di Santa Pasqua e La benedico insieme con tutta la Sua diletta famiglia e il rev.mo Arciprete D. Grazioso. Dev.mo Antonio Mistorigo -Vescovo” La maggior parte delle composizioni però finisce con lui perché il Maestro, modesto e senza ambizioni, dotato per di più di prodigiosa memoria, non si cura di scrivere la sua musica che ricorda perfettamente. Peccato perché vanno perdute così pagine musicali di valore, melodie gradevoli e ispirate. Ancora oggi si cantano nelle chiese canzoni sue dedicate alla Vergine. Ad Orgiano — suo paese d’adozione -- è consuetudine, durante alcune cerimonie, eseguire l’apposito inno da lui composto. |
Il ricordo
L’opera del Maestro Gottardi svolta sia in campo religioso che civile risulta davvero straordinaria. Protagonista con pochi altri della rigenerazione musicale nelle chiese, promotore solerte e valente di iniziative corali, musicali, teatrali nella società civile ha dato un originale contributo al progresso della cultura nel mondo rurale, e coll’’esempio d‘una vita integerrima, intensa, aperta senza riserve alla comunità, è stato un esempio trascinante di impegno e di coscienza civica.
Bene interpreta i sentimenti di riconoscenza di Orgiano e di quanti lo conobbero, la lapide che è murata nella sala d’ingresso del palazzo comunale che dice tra l’altro: “Fece della musica un lungo canto d’amore”
Ricerca di Giancarlo Polato — 30 marzo 1999
Bene interpreta i sentimenti di riconoscenza di Orgiano e di quanti lo conobbero, la lapide che è murata nella sala d’ingresso del palazzo comunale che dice tra l’altro: “Fece della musica un lungo canto d’amore”
Ricerca di Giancarlo Polato — 30 marzo 1999